Le novità tecnologiche introdotte dalla 4° rivoluzione industriale -Industria 4.0: un percorso impervio ed affascinante tra ecosistemi, new skills e la necessità di un rapporto solido tra formazione ed imprese.
a cura di Ufficio Comunicazione
Viviamo in un periodo storico di grandi trasformazioni per il quale in molti hanno usato la definizione di “quarta rivoluzione industriale” o “Industria 4.0”
L’aspetto tecnologico è ormai una componente essenziale della nostra vita quotidiana e lo è anche per la nostra realtà produttiva.
Tutte le attività contemplano l’utilizzo di una forte componente tecnologica, al punto da ridisegnarne le coordinate produttive o introducendo addirittura nuovi comparti e nuove figure professionali.
Questa continua trasformazione rappresenta una vera e propria sfida per coloro che sono chiamati a governare i processi nel presente, ma ancora più in un’ottica futura dove gli scenari sono ancora in divenire.
Il cambiamento non riguarda solo i lavori manuali, ma anche le mansioni dirigenziali.
Anche l’imprenditoria- la cosiddetta Impresa 4.0- e le professioni manageriali devono acquisire nuove competenze per poter ricoprire ruoli significativi negli ecosistemi 4.0.
Cosa si intende per ecosistema 4.0?
Gli Ecosistemi
Si tratta di vere e proprie comunità economiche all’interno delle quali si stabiliscono delle partnership a livello di supply chain, clienti, associazioni di categoria, istituzioni ed altri soggetti che si interfacciano attraverso piattaforme digitali nelle quali c’è un interscambio di flussi di informazioni.
Le piattaforme possono essere di 2 tipologie, interne ed esterne, ma presentano una caratteristica comune: moltiplicano i vantaggi sia per gli sviluppatori che per gli utenti finali.
Un esempio “classico” di ecosistema che sfrutta una piattaforma interna è la fabbrica: da un insieme di beni organizzati in una struttura comune, si può sviluppare e produrre in modo efficiente un flusso di output.
Un recente studio condotto dall’osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano ha rivelato che un operatore a bordo linea, grazie all’utilizzo di un tablet, ha aumentato la propria produttività del 20% grazie alle informazioni in tempo reale sul pezzo che doveva produrre.
L’impresa ne ha tratto vantaggio in termini di tempo e costi; anche il lavoratore ne ha tratto vantaggio, salvaguardando il proprio posto di lavoro ed aumentando la propria capacità produttiva.
Anche se l’operatore è meno produttivo della macchina in valore assoluto, grazie al supporto tecnologico ed al maggior flusso di informazioni a disposizione diventa più performante della macchina.
E’ una tendenza che investe tutti i ruoli professionali, anche quelli decisionali, come recentemente confermato dal World Economic Forum: dal 2020 diventeranno competenze indispensabili il complex problem solving, critical thinking e la creatività.
In ecosistemi sempre più complessi ed interconnessi (si pensi ad Airbnb o Uber: di fatto la piattaforma costituisce essa stessa lo strumento attraverso il quale è possibile sviluppare, organizzare ed offrire servizi) appare ancora più evidente, così come sintetizzato in una celebre frase di Tom Goodwin :
“Uber, the world’s largest taxi company owns no vehicles, Facebook the world’s most popular media owner creates no content, Alibaba, the most valuable retailer has no inventory and Airbnb the world’s largest accommodation provider owns no real estate. Something interesting is happening”
L’evoluzione continua trasformerà inevitabilmente l’impresa odierna, mettendo a dura prova coloro che non adatteranno la propria organizzazione del lavoro in funzione dell’enorme mole di dati forniti dai supporti tecnologici sia in termini gestionali che decisionali.
Tutto questo comporta la capacità di padroneggiare i nuovi saperi, acquisire nuove hard skills e saperle declinare con le soft skills in funzione di un sistema nuovo, complesso ed estremamente veloce nella sua capacità evolutiva ed adattativa.
Tutti gli Stati hanno cercato di pianificare una serie di interventi che abbiano tra gli obiettivi l’accompagnamento e la facilitazione dello sviluppo di nuove competenze e finalizzato a colmare il gap tra domanda e offerta di professionalità in tutti i settori economici e produttivi.
È una sfida importante, anzi fondamentale, non solo per garantire al paese la crescita economica di cui ha bisogno, ma per fermare il processo di polarizzazione a cui stiamo assistendo ed evitare la creazione di nuove barriere sociali.
Il Piano Nazionale della Scuola Digitale
Anche in Italia ci si è mossi in questo senso, introducendo Il Piano Nazionale della Scuola Digitale, con l’intento dichiarato di lanciare una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana, insieme al Piano Nazionale Impresa 4.0 (ex Industria 4.0) ed una serie di altre iniziative strategiche come l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID).
Il PNSD asce all’interno della legge 107/15, la cosiddetta Buona Scuola, per farne convergere gli stanziamenti con le risorse già stanziate dai Fondi Strutturali Europei 2014-2020, in particolare dal PON Istruzione.
Il Piano è organizzato in 4 sezioni principali:
- Strumenti;
- Competenze e contenuti;
- Formazione dei docenti;
- Accompagnamento.
Tra gli “strumenti” viene individuato come fondamentale un potenziamento dell’infrastrutturazione digitale delle scuole e la diffusione della banda ultra-larga per rendere più inclusivo l’accesso alla rete; ovviamente tutto ciò una volta realizzati gli spazi per l’apprendimento e ambienti per la didattica digitale integrata.
Nella sezione “competenze e contenuti” vengono individuate le competenze digitali che ogni studente deve sviluppare per aumentare la sua occupabilità e, conseguentemente, sostenere i docenti nel ruolo di facilitatori di percorsi didattici innovativi, così come descritto nella sezione “formazione dei docenti”.
L’ultima sezione, intitolata “accompagnamento”, è per l’appunto dedicata ad accompagnare la scuola nella sfida dell’innovazione.
Per rendere fattiva la connessione fra l’innovazione digitale e il mondo del lavoro, una parte della sezione “competenze e contenuti” del PNSD è dedicata proprio al rapporto fra digitale, imprenditorialità e lavoro.
Di fatto si mira ad ottenere la riduzione del digital gap (sia in termini di competenze che di occupazione), a promuovere la diffusione di carriere in ambito “STEAM” (acronimo di Science, Technology, Engineering, Arts & Maths) ed a valorizzare il rapporto tra scuola e lavoro coinvolgendo gli studenti come leva di digitalizzazione delle imprese e come traino per le vocazioni dei territori.
Il rapporto sinergico tra formazione scolastica e mondo del lavoro
Questa connessione fra scuola e lavoro è efficace solo se si trasforma in una sinergia bilaterale: pertanto è stata elaborata una misura specifica chiamata “Diffondere la cultura Industria 4.0 attraverso Scuola Digitale e Alternanza Scuola Lavoro” che definisce alcuni degli strumenti pensati dal mondo del lavoro per favorire l’accesso alle competenze che gli studenti devono sviluppare per essere maggiormente “appetibili” per le aziende quali la formazione sulla manifattura, corsi di tecnologia e laboratori per lo sviluppo delle competenze digitali
Oggi lo strumento principale per implementare questa strategia è sicuramente l’Alternanza scuola lavoro poiché per sua stessa natura alimenta proficuamente l’interscambio continuo delle informazioni necessarie ad affinare i percorsi didattici che incontrino la domanda di lavoro alla luce delle nuove esigenze che prendono forma di giorno in giorno.
La direzione è tracciata, gli strumenti dovranno necessariamente andare nella stessa direzione.
Written by Iniziative per le competenze digitali promosse da ANPAL – Smart Job Spa
[…] più volte affrontato su JoBlog il tema della rivoluzione digitale, come stia cambiando il mondo produttivo, di come impatterà sulle professioni del futuro, creando […]
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